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venerdì 20 febbraio 2015

L’“Aida” firmata da Zubin Mehta e Peter Stein al Teatro alla Scala

Dal 15 febbraio al 15 marzo, l’opera in 4 atti di Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, sarà in scena in una nuova produzione che porta la firma di Peter Stein, per la regia, e di Zubin Mehta per la direzione. Nel cast vocale: Kristin Lewis, Anita Rachvelishvili, Fabio Sartori e George Gagnidze

(Foto: Brescia/Amisano ©Teatro alla Scala)
Il nuovo allestimento di Aida di Giuseppe Verdi che sarà in scena dal 15 febbraio unisce sotto la volta del Piermarini due protagonisti assoluti della musica e del teatro del nostro tempo,Zubin Mehta e Peter Stein


(Foto: Brescia/Amisano ©Teatro alla Scala)
Il Maestro Mehta, che ha generosamente accettato di dirigere il capolavoro verdiano dopo la scomparsa di Lorin Maazel, sta dirigendo le prove in teatro dopo essere tornato da una serie di recite di Aida a Pechino e sarà impegnato anche nel concerto per la Fondazione Negri-Weizmann lunedì 9 febbraio e nel concerto straordinario dell’11 febbraio. In entrambe le serate sono in programma l’Ouverture Egmont e le Sinfonie n° 3 e 4 di Beethoven.

(Foto: Brescia/Amisano ©Teatro alla Scala)
Peter Stein ha firmato negli ultimi anni numerose importanti regie di opere di Verdi, concentrandosi in particolare sui titoli shakespeariani e schilleriani. L’approccio a Aida è avvenuto innanzitutto attraverso lo studio della partitura e dei documenti relativi alla prima edizione scaligera, curata da Verdi stesso nel febbraio 1872, poche settimane dopo la prima assoluta avvenuta al Cairo nel dicembre 1871. La partitura di Aida, stesa da Verdi con cameristica cura, reca per la maggior parte l’indicazione “piano”, né mancano insistiti “pppp”; e la vicenda narrata è una storia di amori impossibili sui cui grava dal principio l’ombra della morte. Insomma tutto il contrario del kolossal verso il quale l’immensità delle rovine egizie e il “bataclàn” della scena del trionfo hanno spinto gli autori di tante produzioni. Proprio dalla partitura muove la lettura di Stein: movimenti scenici in corrispondenza delle indicazioni dinamiche, rispetto della dimensione cameristica e dello scavo psicologico. “Verdi chiamava attori i suoi cantanti” ricorda Stein: lavorare sulla partitura significa allora anche approfondire la grandezza di Verdi come uomo di teatro. Nella scena del trionfo la banda sarà in scena, come da indicazione del compositore, e le “sei trombe diritte” (per la prima Verdi se le fece costruire appositamente da una fabbrica di Milano) sfileranno in corteo come strumenti di un drappello militare invece di essere relegate negli angoli in veste di araldi. Ma il lavoro di Stein si concentra soprattutto sui rapporti tra i personaggi. In una scena essenziale, in cui troveranno posto solo oggetti destinati a essere utilizzati, i cantanti-attori e la loro interazione anche fisica saranno protagonisti assoluti. “Purificare, ridurre al necessario, questo è il mio stile” sottolinea Stein. L’orientalismo che innerva la partitura è presente in scena ma, come nella musica, occupa una posizione secondaria rispetto al dramma umano e universale dei protagonisti, perché proprio lo spessore dei personaggi fa emergere Aida al di sopra dell’immensa produzione operistica riconducibile all’esotismo musicale.

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